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DEUTEROLUOGO - Salvatore Manzi


a cura di Luciana Berti

Del doppio e della sua soluzione

Incontrarsi partendo da posizioni dissimili genera una condizione di reciproca gratitudine, sentimento di rara bellezza che, sebbene faticoso, vale la pena contribuire a costruire. Questo senso dell’incontro e del riconoscimento permea la genesi del progetto espositivo Deuteroluogo che Salvatore Manzi ha ideato in occasione della sua quarta mostra per la Saaci/Gallery, di Sabato Angiero. La grande installazione Deuteroluogo, letteralmente luogo secondo[ dèutero- [dal gr. δεύτερος «secondo»]: Primo elemento di parole composte della terminologia scientifica (anche latina) e di altri termini dotti, derivati dal greco o più spesso formati modernamente, col sign. di «secondo», e raram. «doppio» (Cfr. vocabolario Treccani.it).], suddivide gli spazi modificando il consueto percorso di visita della galleria, la quale, per l’artista, trova una nuova connotazione e diviene «anatomia per una riflessione architettonica e spirituale». Attraverso l’incontro con l’unicità dell’opera d’arte, Manzi invita a porsi in ascolto sulla soglia del mistero dell’alterità, lasciando dissolvere l’ordinario ambito dell’agire. Se la disponibilità con la quale ognuno si accosta al progetto espositivo è strettamente dipendente dal retroterra culturale individuale, sarà il valore archetipico della forma di Deuteroluogo, e il suo alludere a un elemento architettonico di transizione (in quanto porta, gate, diaframma, grata), a rendere l’oggetto decodificabile a priori. Memore tanto dei ricami nelle case delle nostre nonne, quanto delle forme concentriche in uso nelle culture sciamaniche o in quelle buddiste, l’installazione non si presenta come uno schermo di separazione dall’univoco messaggio, bensì assume un valore polisemico che si dispiega a partire da un centro generatore di corolle e ornamenti dalla geometria incerta. Per l’artista, ispiratosi ai testi del teologo Paolo Ricca[ Paolo Ricca (1936) è teologo e pastore Valdese. Dal 1976 al 2002 ha insegnato Storia della Chiesa e Teologia Pratica presso la Facoltà Valdese di Teologia di Roma e successivamente ha insegnato presso il Pontificio Ateneo Sant'Anselmo di Roma, come professore ospite. Nel 1999 la Facoltà di Teologia dell’Università di Heidelberg gli ha conferito la laurea honoris causa. Dirige la collana «Lutero. Opere scelte», per la casa editrice Claudiana. Ha pubblicato numerosi testi, tra i quali Davanti a Dio. Leggendo il libro dei Salmi (Claudiana, 2008), Lutero, mendicante di Dio (Morcelliana, 2010), Le ragioni della fede (Claudiana, 2010). ], l’alterità è da ricercare nel contatto diretto con le Sacre Scritture. Ne deriva una presentazione formale del luogo secondo che sollecita l’esperienza sensoriale, determinata da singoli elementi che rendono rarefatta la leggibilità della fonte luminosa accecante. La superficie articolata in pieni e vuoti, il vapore sospeso, le vibrazioni sonore della composizione di Giuseppe Fontanella[ Giuseppe Fontanella, chitarrista del gruppo musicale 24 Grana, ha collaborato con Salvatore Manzi anche in altri progetti, tra i quali Burnout (2005) e Bambini (2007). ], consentono di realizzare quel contatto non mediato tra opera e pubblico, corpi estranei l’una all’altro che possono momentaneamente appartenersi. Qualunque sia l’iter di avvicinamento al deuteroluogo, è chiaro che per Salvatore Manzi questo processo debba partire da una condizione necessaria, il luogo primo, elemento a noi più prossimo e unità di misura di tutte le cose del mondo conoscibile: il corpo. L’impatto con la forza evocatrice di Deuteroluogo come dispositivo materico, di carta, stucco e pittura, ci pone anche di fronte ai limiti dell’esperienza umana, frustrata dall’impossibilità della conoscenza diretta del Divino. Non a caso Stefano Taccone, storico e critico d’arte che ha ampiamente esposto l’excursus artistico, ideologico e di vita[ S. Taccone, Salvatore Manzi. Ex Zak, Phoebus Edizioni, Casalnuovo di Napoli, 2014.] di Salvatore Manzi, cita in riferimento al video Salmi (2009) la condizione di «coscienza infelice», propria dell’essere umano, così come individuata dal filosofo Friedrich Hegel. E proprio il dualismo della coscienza, l’una, mutevole, appartenente all’uomo, e l’altra, immutabile, attribuita al divino, sembra la matrice di questo dialogo tra primo e secondo, origine e derivazione, luce e ombra. E ancora, l’opera non si esaurisce nel rapporto di allusione/negazione a una realtà altra, ma apre successive riflessioni. Intesa come dimensione transitoria, Deuteroluogo sembra porre l’accento sulla questione della mediazione, tema ampiamente indagato dall’artista anche nella prima produzione quando, dal 1998 al 2006, ha assunto lo pseudonimo Zak. Se in un primo momento della sua ricerca la discussione si è mossa su una dimensione politica, sociale e ideologica, fino al ripudio del sistema dell’arte e delle sue figure di mediazione -  galleristi, curatori, critici, mercanti - risulta quanto mai significativo l’approdo alla conversione alla fede evangelica, per la quale la ricerca del rapporto diretto tra uomo e Dio conduce al rifiuto delle gerarchie ecclesiastiche.
Il progetto espositivo si completa con l’opera video, Dimora (2019), che introduce lo spettatore nell’antro di una conchiglia, un luogo appartato, raccolto e prezioso. L’oro, tipico della produzione pittorica di Manzi, in particolare a partire dalla serie Untitled che prende avvio dal 2012, in questo caso si arricchisce di colori affini, l’ambra, l’arancio, il madreperla, il bianco opaco. I movimenti minimali della camera propongono un punto di vista univoco riconducibile alle ricerche artistiche dell’inizio del Novecento sull’uso dell’immagine cinetica. Anche in questo lavoro non è l’accadere in senso narrativo il centro del discorso ma le forme, i contenuti, la composizione.
Dimora, che sembrerebbe avere una unica dimensione, intima e introspettiva, si apre, invece, verso spazi talmente ampi da non poter essere compresi, misurati e contenuti. Le tracce audio provenienti dallo spazio e raccolte nell’archivio della NASA[ Le registrazioni che inserite nel video Dimora sono provenienti da Kepler-10, da Kepler-10 e da Saturno.] spostano l’attenzione dall’infinitamente piccolo allo smisuratamente grande. Così, il video ci trascina verso il centro della Terra e contemporaneamente ci catapulta oltre il Sistema Solare. Come sensazioni contrapposte possano convivere nel contesto di un video in loop, su uno schermo, in una galleria, resta un enigma al quale siamo grati di poter assistere.



Luciana berti



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