RILUCERE - Cristina CusaniLa mostra si presenta come un percorso alla ricerca della salvezza. Le immagini della prima sala sono scritte sul retro di vecchie fotografie trovate, un lavoro sull’intimità della calligrafia e sull’importanza dell’immaginazione. Una descrizione scritta a mano, porta chi legge a visualizzare un’immagine molto personale, rivedendo i propri cari. Ad esempio, leggiamo scritto con la calligrafia di un bambino:“papà su una strada” e ognuno di noi immancabilmente immaginerà il proprio padre. Ecco allora che una cosa così intima come la fotografia di famiglia diventa universale nel momento in cui viene a mancare l’immagine fotografica. Poi si entra in una grande stanza buia dove ci sono una serie di minuscole lucine fioche che scintillano nell’oscurità e ci indicano la strada da percorrere. Queste luci sono in realtà singole diapositive retro-illuminate che rappresentano la salvezza che risiede dentro di noi, nei nostri legami e nell’amore. Ho chiesto ad alcune persone di inviarmi quella foto di famiglia che più di ogni altra le facesse sentire al sicuro. Ho chiesto a queste persone di darmi la loro luce e ognuna mi ha dato una parte di sé, un ricordo, un pezzetto della propria vita. Lo spettatore si ritrova così a camminare in un giardino di memorie che risplendono e che unite creano un percorso per uscire dal buio. Rilucere significa risplendere, mandare luce, una luce che si sostiene da sola. Deriva dal latino re-lucere: splendere di nuovo. Ecco che allora la ricerca della salvezza ci spinge ad andare in profondità dentro noi stessi, a guardarci dentro, ad addentrarci nell’oscurità e attraversarla per poter ritornare a splendere. foto Peppe Maisto |