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"SPIRITUAL EXERCISES" Gianfranco D'Alonzo Garibaldi

a cura di Emma Ercoli


Spiritual Exercises approda nello spazio fisico di una galleria d’arte dopo aver attraversato per dodici mesi il flusso dinamico della rete. I dodici episodi che hanno preso vita nel Web sotto forma di animazioni e video, presentati con cadenza mensile, vengono ora proposti nella galleria Sabato Angiero Arte di Saviano, con la stessa scansione temporale. L’adozione di diverse piattaforme comunicative è un modo di operare che D’Alonzo ha già sperimentato di recente. Con Land of Prayer , del 2014, l’artista ha realizzato una “terra di preghiera” in uno spazio di rete, un lavoro che ha subìto la prima metamorfosi in Land of Prayer Alias - mostra presentata in un luogo deputato del sistema dell’arte - e infine ha dato vita a un libro: LOP. Le varie piattaforme adottate, prima quella della rete, poi della mostra e infine del libro, hanno reso possibili forme diverse di partecipazione, calando il fruitore nel ruolo di cybernauta, di flanêur, e infine di lettore. Nel quadro di un progressivo abbandono dei territori dell’identità e di una consapevolezza delle tecniche di sradicamento operate dai media, anche Spiritual Exercises va nella direzione di un ulteriore indebolimento del concetto di autorialità. La rete, infatti, è uno spazio che favorisce un processo creativo in divenire, mettendo in discussione la figura dell’artista come autore unico. Anche nel caso di Spiritual Exercises , dopo la piattaforma del WEB, l’artista decide di adottare un nuovo tipo di spazio, quello di una galleria d’arte, dove il gioco processuale insito nel progetto si dilata, coinvolgendo il visitatore nella trama di relazioni che si intessono con l’esterno. Per l’occasione è stata ricavata una stanza particolare all’interno della galleria, appartata, raccolta, silenziosa, completamente separata dal resto delle attività espositive. Una galleria nella galleria, insomma, che richiama un po’ l’idea della cappellina privata, che va cercata all’interno di uno spazio più ampio, perché situata in un angolo protetto, non immediatamente visibile. Per raggiungerla è necessario compiere un percorso, alla fine del quale l’artista ha allestito un ambiente pensato per favorire i momenti dell’ascolto, dell’attenzione raccolta, dell’attesa, un territorio dove è possibile, anche se per pochi istanti, dimorare nella Lichtung . Tutto richiama la ritualità di una prassi liturgica, sia la scelta dello spazio che l’organizzazione del tempo previsto per la presentazione dei dodici episodi. Il titolo, Spiritual Exercises , evoca una disciplina interiore che prevede il passaggio dal territorio dell’identità e dell’attaccamento a quello di un progressivo abbandono dell’io/mio. La pratica meditativa richiede un’area di silenzio, il raccoglimento necessario per attivare uno sguardo interiore che conduca a un nuovo processo conoscitivo. Un processo inteso non come esperienza di tipo intellettuale, ma come evento limite, come shock, qualcosa che ha l’immediatezza di un’illuminazione. In questo caso entrare nell’opera significa fermarsi, prestare l’attenzione necessaria per accogliere le immagini e i suoni provenienti da un monitor. Un’ operazione che presuppone un’intenzione, quella di aprirsi a una dimensione diversa, qualcosa che ancora non si conosce. È probabile che scattino dei pregiudizi, che si faccia sentire una certa frustrazione per l’impossibilità di “entrare” subito nell’episodio. Si tratta di sensazioni, percezioni, emozioni che il monitor che abbiamo di fronte ci rimanda come fosse lo specchio della nostra mente. Una mente affollata, abitata da pensieri discorsivi. È necessario allora uno scatto mentale, occorre fare spazio, esattamente come all’inizio di un “esercizio spirituale”. Lo spettatore è invitato a entrare nell’opera, a oltrepassare il limen oltre il quale il vedere diventa vedersi, vedere dentro di sé. Lo sguardo diviene uno sguardo interiore. È così che entriamo, per incontrare l’indicibile, la sua assenza invadente, la sua mancanza. Ci immergiamo nel video seguendo l’unico percorso possibile.
É un esercizio che comporta una vera rivoluzione percettiva.




Note biografiche
Emma Ercoli è critico d’arte e saggista, ha co-diretto la rivista d’arte contemporanea NEXT dal 1986 al 2003. Autrice di numerosi articoli, saggi e interviste, ha curato mostre di arte contemporanea sia in spazi pubblici che privati.

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Primo Racconto breve
"LA CASA DEL PADRE"
dal o6 maggio al 30 maggio 2023
testo di Luca Quartana

Esercizio


ad occhi chiusi stenditi al buio
poi guarda con il buio davanti


guarda nel nero del buio
come se guardi nel vuoto


e adesso guardati senza vederti
e adesso vediti senza guardarti


e adesso guarda nel buio
immagina senza vederle


ampiezze estensioni e distanze
delle misure tra forme nel buio


il buio è forma mutante è
immagine nera del vuoto


adesso porta davanti al viso le mani e prendi la forma del buio
toccala tienila immagina senza guardarla adesso apri gli occhi
vedi quella forma del vuoto che hai tra le mani


e ti sarai dato
steso nel buio
un tuo spazio



Note biografiche
Luca Quartana, è nato nel 1958 a Milano, città in cui vive e lavora. Dalla fine degli anni Ottanta indaga il tema dello spazio e della sua condivisione nelle forme della relazione interpersonale. Nella sua ricerca si intrecciano diversi piani di lavoro, dalle installazioni (Ut pictura poesis,1989; Chi, Premio Marino Marini alla XLV Biennale di Venezia 1993) alle performances (Treazione, 1993, Addio 2016) , dalla pratica di una scrittura visuale sistematicamente dilatata nella misura/dimensione ambientale (Parolapersona, 1993; Dia 1 e Dia 2, 1994) , dai libri (Le peintre et sa femme, 1989; Solo sesso, 2005 e Scripta volant verba manent, 2005) al laboratorio collettivo (Insignificazione, 1995) e internet (www.lucaquartana.it, 2000) . Nel 2016 ha prodotto e realizzato la mostra Addio presso Assab One a Milano. Attualmente collabora al Progetto Casina avviato nel 1991 da Antonella Ortelli, Carla Vendrami, e Silvia Truppi, presso la Sez. Femminile della Casa Circondariale di San Vittore a Milano.

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Secondo Racconto breve
"IL RESPIRO DEL LUPO - PASSAGGI"
dal o6 giugno al 30 giugno 2023
testo di Franco Speroni

Elogio del tempo dissipato




«Non ho proprio niente da dire. Ma voglio dirlo lo stesso»
Guido Anselmi (Marcello Mastroianni), in Federico Fellini, 8½ ,1963


Stare in una stanza e gettare lo sguardo, dal basso verso l’alto, su una finestra a bocca di lupo dalla quale entra un triangolo d luce.
Fissarla e riprenderla finché l’immagine trema moltiplicandosi in un trittico apparente.
Lasciare tremolare l’immagine come quando l’occhio fissa una cosa, tenendo le palpebre semichiuse, e sulla retina scaturiscono effetti ottici di disturbo.
Accompagnare le sfocature che mescolano luce e ombre con un canto monotono, privo di sviluppi.
Non è un’operazione di montaggio per costruire un racconto ma un lasciarsi andare alla successione provocata dalle cose. Scoprirle, nell’evento della loro apparizione, senza sottometterle alla normalizzazione dell’interpretazione.
Non c’è sviluppo. È il tempo dell’apparizione di ciò che già esiste e che per un attimo si rende percepibile perché cattura i sensi. Crea connessioni generate dalla morfologia della finestra e dalla bocca del lupo. La cosa si anima. È il tempo dissipato: gettato - come lo sguardo - qua e là, senza scopo. È il tempo dello zapping. Il tempo non pedagogico. Il tempo perso, quello che, per grazia del Caso, sfugge alla sequenza delle decisioni. Il tempo nel quale chi osserva si fa complemento d’agente per favorire relazioni che accadono senza volerlo ma neanche opponendosi a che ciò avvenga.
Le cose che appaiono deviano dall’attenzione che governa alla dissipazione che disperde e connette. Le cose diventano stargates che si dischiudono senza preavviso.
Abbandonarsi allo zapping non è un’operazione costruttiva. Non è formativa. Non è antagonista. Lo zapping produce un flusso rovinistico di cose a bassa definizione, fatte di immagini e suoni che si lasciano scoprire ma senza rivelare nulla se non il meccanismo stesso: pura potenzialità senza effetto.
Dissipare il tempo non è liberarlo: non c’è progetto e non c’è salvezza. Immersione involontaria nella realtà come campo di fenomeni sensibili, lontana dai tentavi sforzati del linguaggio di costruire approssimazioni da condividere.
Il tempo dissipato svela il suo non-senso, che libera dal dover dare senso, perché non rivela nessun fondamento o matrice. Non è effetto di deduzione ma poiché favorisce l’esperienza dell’apparizione, il tempo dissipato è l’equivalente di un buco-nero che rallenta lo scorrere del tempo stesso fino quasi ad annullarlo.
La visione non allinea, chiarendole, sequenze di fatti. Lo zapping dello sguardo e delle associazioni è ritmo effimero, irregolare, che si spegne da solo per riaccendersi senza atto di volontà.
La dissipazione è l’esercizio involontario che annulla il tempo della Storia fatto di rabbia e di appartenenze. Perciò alla dissipazione vorrebbe fare resistenza la supponente potenza della volontà costruttiva con il miraggio dei suoi traguardi da raggiungere.
Fissare le cose fino a non vederle più, invece, fino a quando esse diventano una sola cosa con la retina, è l’esercizio della visione che inventa lo Spirito.
La visione diventa la metamorfosi fluente di cose in fantasmagorie senza tempo, che prende il comando della nostra percezione e la stravolge quietamente. È una forza d’inerzia che usa tutto come pretesto: Sant’Ignazio, la rilettura di Roland Barthes tra Sade e Loyola, musiche scoperte o suggerite… i riferimenti più ovvi o più impensabili.
Tutto è pre-testo: al di qua del testo che invece vorrebbe costruire architetture stabili, ordini condivisibili di senso. Il pre-testo è ornamento (interior design - arabesco delle interiora), un giro del discorso che dice senza sostenere nulla, perché l’argomento è sempre un altro, non dicibile perché non riducibile ad una forma stabile che la visione, in se, esclude.
Il pre-testo è puro atto di esistenza. È la ferita. Intrattenimento. Attesa. Intensità senza scopo: esercizio spirituale.



Note biografiche
Franco Speroni, storico delle arti, insegna all’Accademia di Belle Arti di Roma.


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Terzo Racconto breve
"VESTITO DA DIO"
dal o6 luglio al 30 luglio 2023
testo di Marco Squarcini

sicco vestigio



Non mi riuscì di strizzare nemmeno una lacrima, quando feci gli Esercizi spirituali proprio in una casa di gesuiti. Eppure, la promessa più suggestiva era proprio quella: il dono delle lacrime. Conoscevo qualcuno che si era disidratato per una notte e un giorno, e ne diceva cose da far invidia. Ma forse perché lui si era potuto concedere tutto il mese ignaziano; io no. In compenso mi ero letto, oltre alla Ratio Studiorum, il testo degli Ejercicios Espirituales, naturalmente in spagnolo perché ho sempre diffidato dalle traduzioni. E avevo intravisto la possibilità di concentrare le esperienze di un mese in un tratto di tempo più modesto.
Eccomi, dunque, sulle colline a nord di Firenze, al portone di quella villa di cui tanto si favoleggiava. Già, perché pare che un pezzo da novanta della Massoneria avesse in punto di morte consegnato l’archivio della loggia a un Padre – che altro se non gesuita? – e che il tutto fosse guardato con ogni mezzo di difesa, compresi dei cani cattivissimi. Che però dovevano essere invisibili, perché non li ho visti né sentiti. Varcai dunque il portone già pronto ad effondere le mie lacrime come la Maddalena ai piedi di Gesù; dico subito che ne uscii sicco vestigio. Ma qual era la ragione che mi spingeva a quella pulsantiera? Avevo diciott’anni, appena passata la Maturità, e tutti i compagni e compagne della Terza A del Galileo erano già in coda per le diverse Segreterie di Facoltà; la maggior parte in cerca di formazione scientifica, forse quella che al Classico era stata impartita con maggior sobrietà. Io avevo bisogno di conoscermi meglio, e uno scorticamento più radicale delle prime due settimane degli Ejercicios non esiste al mondo. Chissà: magari il mio futuro poteva essere proprio lì. Il mio maestro spirituale mi aveva regalato le Opere di San Giovanni della Croce; la Salita del Monte Carmelo poteva anche essere una sfida affascinante.
Più di sessant’anni sono passati da quella settimana e non ne ho serbato che due ricordi. Uno, dalla finestra che guardava il giardino, il passeggio di un ragazzo di cui ricordo anche il nome (doveva essere triestino) che passava di fiore in fiore contemplando la forma e il profumo di ogni capolavoro botanico del Logos. L’altro, il fondo della cassetta della scrivania in cui vari predecessori avevano graffito l’entusiasmo, il rapimento, la decisione. Qualcosa devo averla scritta anche io, se anni dopo un prete del mio paese si disse commosso dal mio empito spirituale.
Ma evidentemente doveva essere stata una eccitazione passeggera. E, a riprova, la tempesta di lacrime non si era vista comparire all’orizzonte. Uscii alla fine della settimana dal compendio di Esercizi, con l’intesa che ci si sarebbe rivisti. Ma si sapeva che non era vero.


Note biografiche
Marco Squarcini, risale felicemente alla metà del secolo scorso, e si è costruito incrociando eventi, opportunità, maestri e idee che non esistono più. Ha condiviso le sue esperienze spirituali con parecchia gente. Dopodiché, fin quando ha potuto, si è occupato di comunicazione d'impresa.

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Quarto Racconto breve
"PARO DIE"
dal o6 agosto al 30 agosto 2023
testo di Marco Vannini

esercizi spirituali


Il sintagma “esercizi spirituali” è indissolubilmente legato all’omonimo libretto, redatto da Sant’ Ignazio di Loyola nel XVI secolo. Il fondatore della Compagnia di Gesù, che era un militare, conosceva bene l’importanza dell’addestramento, ai fini della disciplina e del comportamento dei soldati in battaglia - del resto, la stessa parola “esercito” non è altro che il participio passato del verbo latino exercere, esercitare. Notiamo, di passaggio, che un’altra importantissima parola del linguaggio spirituale, ovvero “ascesi”, viene anch’essa dall’ambito fisico, dei ginnasi e delle palestre in cui i giovani greci si esercitavano per il combattimento, ed infatti significa anch’essa, propriamente, “esercizio”.
I celebri Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, compiuti da generazioni di fedeli e tuttora prescritti
annualmente ai gesuiti per una settimana, consistono essenzialmente in una disciplina del comportamento e degli affetti, per ordinare l’anima verso la meditazione e la contemplazione delle vicende della vita e della Passione di Cristo. Non si tratta dunque di una speculazione astratta, di tipo diciamo così filosofico: infatti in essi ha gran parte l’immaginazione, come quella che più di ogni altra tocca le facoltà dell’anima in rapporto con i sensi. In parallelo, è ben noto che i gesuiti hanno molto pregiato ed incrementato le arti, sia quelle visive come pittura e scultura, sia la musica, sia il teatro, proprio come strumenti adatti a com-muovere l’anima.
Come ha evidenziato Pierre Hadot, in realtà la nozione di esercizi spirituali proviene dalla filosofia antica, di cui, fin dall’origine, il cristianesimo ha incorporato elementi, integrando anche nella vita cristiana gli esercizi spirituali filosofici.
L’esercizio filosofico per eccellenza era il distacco dell’anima dal corpo, secondo le parole di Platone nel Fedone:
«Coloro che filosofano nel senso vero del termine, si esercitano a morire», e l’eco di queste parole risuona, ancora nel VII secolo, in Massimo il Confessore: «In conformità alla filosofia di Cristo, facciamo della nostra vita un esercizio di morte».
Nel medioevo, con le università, la filosofia diventa un’attività meramente teorica ed astratta e il suo insegnamento non si rivolge più a uomini che intende formare perché siano uomini, ma a specialisti che poi preparino altri specialisti – un fenomeno che perdura attualmente – però la concezione della filosofia come sapienza vissuta, modo di vivere secondo ragione, continua nel monachesimo, dove si ritrovano gli esercizi stoici o platonici dell’ attenzione a sé, della meditazione, dell’esame di coscienza, dell’esercizio della morte, e dove si trova anche il valore attribuito alla tranquillità dell’anima e all’impassibilità.
Gli esercizi spirituali antichi non fanno più parte della filosofia, ma l’eredità stoica e neoplatonica si prolunga nella mistica cristiana medievale, specialmente in quella dei domenicani renani, come Meister Eckhart, fino a sfociare così, seppur profondamente mutata, negli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola.



Note biografiche
Marco Vannini (1948), filosofo, ha curato la traduzione italiana dell’intera opera, tedesca e latina, di Meister Eckhart, riportando alla luce anche molti altri importanti autori mistici, cui ha dedicato numerosi studi. Tra i suoi ultimi lavori, ricordiamo: L’ Anticristo. Storia e mito (2014); Storia della mistica occidentale (2015); Mistica, psicologia, teologia (2019); Introduzione alla mistica (2021); Beati pauperes spiritu. Attualità di Meister Eckhart (2022). Dirige la Rivista «Mistica e Filosofia». www.marcovannini.it .

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Quinto Racconto breve
"IL GIARDINO INTERIORE"
dal o6 settembre al 30 settembre 2023
testo di Salvatore Manzi

di ogni fosso un altura


Discepole di acqua e sale
Da lontani tornanti, in distratte file, si avvicinano per raggiungere le sue parole
Discepole di discepoli di conoscenze semplici
Discepoli di vento e pioggia, di ramino ed epe gonfie di manna
Nessuna vendetta nell’oliva di infiniti verdi
Nel dettato sicuro della disciplina per carni deboli, la libertà è la sola terapia: guarigione
La caverna è in abbandono, al monte si sale per pregare, ma la misericordia fa di ogni fosso
un’altura, di ogni muto una bocca parlante
Andate a dire ciò che l’uomo non vuole udire, che qualcosa di buono è accaduto: Ci ha amati per prima
Recitate con voce solenne il quotidiano elenco della gratitudine, perdonate come siete stati perdonati
Discepole di sabbia e pietre, di piccoli esercizi da ricordare. Risate e rame curvo, pronto per
lavare piedi insanguinati, di fatica e di peccato
Nessuna paura immolata al posto del presente: solo i suoi occhi
Discepoli di arance e limoni
Dai ricordi e dai legami nessun prefisso che dia vita, nessun idolo da adorare
Affannati per la corsa, scappando da città in città, hanno spezzato il Pane del Cielo
Come Abramo con suo padre Terach, torni al Diavolo il denaro




Note biografiche
Salvatore Manzi (Napoli 1975), artista visivo e Pastore Evangelico, insegna all’Accademia di Belle Arti di Lecce. Interessato fin dagli esordi all’iniquità del sistema e del mercato dell’arte, dal 1999 al 2002 intraprende un difficile percorso di azzeramento creativo partecipando e organizzando diversi collettivi atti a sviluppare processi di spersonalizzazione artistica. In seguito, si volge ad una ricerca più ampia e nei suoi lavori compaiono numerosi riferimenti al disagio sociale, alla psichiatria, alla politica, alla libertà d’informazione. Dal 2006, dopo essersi convertito alla fede evangelica la sua ricerca si infittisce di contenuti spirituali e le opere sottendono una indagine sull’analisi dell’invisibile e della cosmizzazione.

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Sesto Racconto breve
"TAUTOLOGIE DI GENERE"
dal o6 ottobre al 30 ottobre 2023
testo di Zelinda Delli Angeli

frutto strano


Quando ho iniziato a prendere appunti per scrivere questo intervento, breve ma dal tema impegnativo, non ho potuto fare a meno di ripensare ai momenti in cui ho vissuto inconsapevolmente l’esperienza dell’esercizio spirituale. Da bambino, non ancora adolescente, molti dei pomeriggi invernali li passavo nella chiesa del mio paese di montagna dove il più delle volte si svolgevano novene e recite del rosario. Sui banchi di sinistra del corridoio della navata centrale sedevano le donne: corpi infagottati in cappotti di lana pesante; teste fasciate da foulard annodati sotto il mento; rosari che, seme dopo seme, scorrevano ritmicamente tra dita nodose e io, solo, tra i banchi dell’altra parte del corridoio, che mi immergevo nella preghiera intonata dalle loro voci assecondando con il mio corpo il ritmo di quel fluire inesorabile. E contavo le pause: le appuntavo sul fogliame dei capitelli e lungo i glifi delle paraste; sui pilastrini della balaustra che ci separava dal presbiterio; sui candelabri di diversa foggia e fioritura che infestavano la scena superiore dell’altare; sui particolari dei grandi disegni di marmo intarsiato del pavimento; sui panni delle statue e sulle tende inarcate da corde e nappe dalle cui pieghe i drappeggi restituivano il profumo d’incenso e l’odore di cera paraffina assorbite nel tempo. C’era anche la noia ma, come il freddo, non la pativo, sentivo solo che in quei momenti accadeva qualcosa di importante; sentivo che dovevo pattinare su quelle piste, accogliere quelle invocazioni ripetute. Quelle domande e quelle risposte, così assertive, si prestavano a fare da corrimano a un cammino che, forse, già da allora annunciava l’esito singolare che avrebbe prodotto: l’annuncio del frutto strano. Inspiegabilmente, a pensarci bene, questi ricordi riaffioravano anche durante le lunghe attese nei corridoi degli ambulatori medici: visite, controlli, discussioni, analisi, interviste, indagini che, tappa dopo tappa, avrebbero trasformato il mio corpo, non solo nel suo aspetto esteriore. Non ricordo di avere visto e odorato molte rose da bambino, in quei luoghi. Sarà stato per via della neve e del gelo che persistevano dall’autunno alla primavera, oppure per la rarità di giardini ai quali venivano preferiti gli orti. Non erano neppure i fiori che abitualmente incontravamo durante le escursioni nei boschi impervi, la caccia ai ranocchi su e giù per il torrente, le camminate per i campi brulli o macchiati di ginestre alle pendici della grande montagna. Proprio non riuscivo ad afferrare il significato di quella invocazione - Rosa Mistica! - che ciclicamente, e puntualmente secondo i miei dati, riemergeva dal mormorio sereno che senza sosta risuonava tra le volte della navata. Poteva essere l’unica immagine accessibile tra quelle che formavano il ciclo della litania ma, allora come adesso, l'unione di quelle due parole è ancora un frutto strano.



Note biografiche
Zelinda Delli Angeli esploratrice e ricercatrice, vive una vita nascosta in un luogo impervio. Indaga spazi inesplorati e organismi inconsueti.

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Note biografiche
Gianfranco D’Alonzo Garibaldi, ha esposto in gallerie e musei, nazionali e internazionali. Negli ultimi venti anni, nel verificare il potenziale linguistico e sociale della pittura, ha orientato la sua attenzione verso tematiche di condivisone, contesti no profit e ambienti irrituali, modificando così le regole che ordinano il proprio percorso di ricerca, aprendo a comportamenti operativi che includono diversi media on-off line: https://www.gianfrancodalonzo.net/.





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